Luigia Nova
"Figlia... alzati e cammina"
"Ginetta, dimmi come era la Madonna?".
"Giovane, bella... che non somiglia a nessuno!" rispondeva con semplicità.
Il 21 giugno 1951, un fatto straordinario venne a turbare la semplice e tranquilla vita degli abitanti di una cascina di Rogorotto, frazione di Arluno in provincia di Milano. Al pianterreno del rustico, in una piccola stanza, giaceva inferma da 297 giorni, Luigia Nova (comunemente chiamata Ginetta), di anni 39, ex filatrice in uno stabilimento di Arluno. Nel caldo pomeriggio estivo quasi tutti gli abitanti erano al lavoro nei campi, mentre i pochi anziani rimasti attendevano ormai di sentire che le campane della chiesa suonassero l'agonia di questa malata gravissima. Ma per raccontare fedelmente ciò che avvenne (e che fu poi riportato da parecchi giornali italiani di Milano, Bergamo, Firenze, Roma, Torino e anche da alcuni giornali svizzeri) è meglio lasciare la parola a Luigia Nova stessa. La semplicità del suo racconto ha tutto il sapore e il profumo di una pagina dei Fioretti di san Francesco anche perché in questo libro al capitolo XLVII, si racconta un episodio che ha molti punti in comune con il fatto narrato dalla Ginetta che, senza alcun dubbio, non ne aveva mai sentito parlare. Così, Luigia Nova, della parrocchia di Mantegazza con Rogorotto, abitante in via san Francesco d'Assisi, scriveva a padre Angelo in data 24 giugno 1951: Reverendo Padre, sentendomi in grado di scrivere per la grazia ricevuta il giorno 21-6-1951 (ed era il mio onomastico) proprio quel giorno ricevetti la grazia della nostra cara Madonna dei Poveri, dopo lunga e tormentosa malattia che non potevo nemmeno scendere dal letto già da 297 giorni, proprio il 21 giugno, ancora rampicavo sul letto con fortissimi dolori tanto che dovetti farmi fare la iniezione di morfina per poter riposare le mie membra... mentre riposavo nel sonno tranquilla con le mani incrociate sul cuore, ecco che la Vergine dei Poveri mi è venuta in visione, vestita tutta in bianco, col velo bianco in testa e il nastro celeste intorno ai fianchi e la corona sul braccio. Con una scodellina piccola celeste, col cucchiaino in mano, che conteneva uno zabaglione e lo pose sulla finestra e poi mi fa le carezze e mi dice: "Figlia, credi in me?". Ed io le risposi: "Vi saluto, o Maria". E poi riprese ancora: "Figlia, io credo in te!". Ed io ancora le risposi: "Vi saluto, o Maria!". E poi mi discrocia le braccia e mi dice: "Figlia, sono venuta a portarti la tua guarigione". E mi prende per le braccia e mi fa sedere sul letto! (Io che non potevo stare per il vomito e i dolori allo stomaco e alla schiena che mi tormentavano giorno e notte!). E poi mi disse: "Alzati e cammina!". E poi prende la scodella celeste in mano e poi prende il cucchiaino col pollice e l'indice, lo gira un pochino nello zabaglione e poi ne mette in bocca lei due cucchiaini la mia dolce Madonna dei Poveri. E mi dice: "Prendi Figlia e bevi!". Ed io lo bevetti con tutta la mia fede e lo sentivo digerirlo bene. E le dissi: "Grazie, Vergine!". E poi lo prese ancora con le sue delicate mani e lo pose ancora sulla finestra... E poi riprese ancora: "Figlia, prega per tutto il mondo che è molto travagliato, ché non credono né a me né al mio Divin Figlio Gesù". Poi prima che scomparve mi ha dato la sua santa benedizione ed io ancora le ho detto: "Grazie, Vergine!". E la Madonna dei Poveri scomparve, sorridente. Via subito la Vergine, mi sono svegliata e mi trovai seduta sul letto, con le mani distese sulle gambe e subito mi sono messa a dire: "Gesù mio, misericordia! Madonna che grazia mi avete fatta!". Alla sorella, di ritorno dai campi, che credeva di trovarla agonizzante, disse: "Dammi le mie ciabatte, che io mi alzo e vado!". Uscita in cortile, venne circondata da tutti i vicini, increduli e spaventati che pensavano fosse impazzita ma quando la sentirono raccontare con perfetta lucidità, la videro mangiare, muoversi e camminare, tutti insieme lodarono e magnificarono il Signore per la benedizione che era scesa sul loro paese.
Il 15 luglio, in compagnia di circa duecento compaesani, venne personalmente a ringraziare la Madonna nella cappellina di via della Forze Armate 177 e assisté all'Ora di Maria solenne, restando in ginocchio sul pavimento, per tutto il tempo, senza dare il minimo segno di stanchezza. Il 31 agosto dello stesso anno si recava in pellegrinaggio a Banneux per ringraziare colei che l'aveva guarita, proprio sul luogo delle sue apparizioni. L'abbé Jamin e il Vescovo di Liegi ebbero modo di conoscerla e di sentire dalle sue labbra il meraviglioso racconto della sua guarigione. Nel dicembre dello stesso anno, accompagnata da padre Angelo, fu ricevuta da papa Pio XII che paternamente e benignamente volle conoscere e ascoltare tutto il suo racconto nonostante il cerimoniere gli facesse fretta. Nell'ottobre 1951, la Ginetta riprese il suo lavoro in fabbrica accolta con gioia e commozione dalle sue compagne che, da quel giorno, non mancarono mai di chiederle: "Su, facci recitare il rosario... intona le litanie della Madonna!". Visse sempre in preghiera e in semplicità, diffondendo il messaggio della Madonna dei Poveri, offrendo tutta se stessa per i sacerdoti e la conversione dei peccatori. Ebbe il dono di altre "visite della Madonna" di cui riferiva a padre Angelo i messaggi. Ogni volta che ciò accadeva, se si aveva occasione di vederla anche dopo parecchie ore, si notava che il suo viso era come trasfigurato e il suo sguardo talmente scintillante da non poterlo sostenere per la luminosità che sprigionava. Nel cortile della cascina, accanto alla finestra della sua camera, venne eretta un'edicola votiva a ricordo della sua guarigione. Ginetta spirò santamente il 26 aprile 1978, dopo aver detto alla nipote che da anni viveva con lei e che l'assisteva premurosamente: "Ciao, Anna, vado in Paradiso!".
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